domenica 10 giugno 2018

Il 10 giugno 1940 l'Italia entra in guerra.








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Il 10 giugno 1940 Mussolini annunciava, a una folla radunata a Piazza Venezia e a tutta la popolazione che lo ascoltava attraverso la radio, che era giunta l’ “ora fatale”: l’Italia entrava in guerra.
Mussolini era certo di una vittoria da ottenere con pochissimo sforzo e tempo. Il conflitto, invece, durò a lungo. Infatti gli eventi successivi (l’aggressione tedesca alla Russia, l’invasione italo-tedesca della Iugoslavia e della Grecia, gli scontri tra l’esercito italo-tedesco e quello inglese in Africa e l’attacco giapponese a Pearl Harbor) causarono il moltiplicarsi di Fronti.
Dal canto suo, poi, l’Italia non era sufficientemente preparata ad affrontare il conflitto: oltre agli armamenti scarsi e antiquati, al fronte i soldati si ritrovarono continuamente privi di rifornimenti, dalla benzina alle scorte alimentari.


TESTO DICHIARAZIONE DI GUERRA ITALIANO

( discorso di Palazzo Venezia, 10 Giugno 1940, ore 18.00)
Combattenti di terra, di mare e dell'aria! Camicie nere della rivoluzione e delle legioni! Uomini e donne d'Italia, dell'Impero e del regno d'Albania! Ascoltate!
Un'ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria.
L'ora delle decisioni irrevocabili.
La dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori di Gran Bretagna e di Francia.
Scendiamo in campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell'Occidente, che, in ogni tempo, hanno ostacolato la marcia, e spesso insidiato l'esistenza medesima del popolo italiano.
Alcuni lustri della storia più recente si possono riassumere in queste frasi: promesse, minacce, ricatti e, alla fine, quale coronamento dell'edificio, l'ignobile assedio societario di cinquantadue stati.
La nostra coscienza è assolutamente tranquilla.


Con voi il mondo intero è testimone che l'Italia del Littorio ha fatto quanto era umanamente possibile per evitare la tormenta che sconvolge l'Europa; ma tutto fu vano.
Bastava rivedere i trattati per adeguarli alle mutevoli esigenze della vita delle nazioni e non considerarli intangibili per l'eternità; bastava non iniziare la stolta politica delle garanzie, che si è palesata soprattutto micidiale per coloro che la hanno accettate; bastava non respingere la proposta che il Fuhrer fece il 6 ottobre dell'anno scorso, dopo finita la campagna di Polonia.
Oramai tutto ciò appartiene al passato.


Se noi oggi siamo decisi ad affrontare i rischi ed i sacrifici di una guerra, gli è che l'onore, gli interessi, l'avvenire fermamente lo impongono, poiché un grande popolo è veramente tale se considera sacri i suoi impegni e se non evade dalle prove supreme che determinano il corso della storia.


Noi impugniamo le armi per risolvere, dopo il problema risolto delle nostre frontiere continentali, il problema delle nostre frontiere marittime; noi vogliamo spezzare le catene di ordine territoriale e militare che ci soffocano nel nostro mare, poiché un popolo di quarantacinque milioni di anime non è veramente libero se non ha libero l'accesso all'Oceano.


Questa lotta gigantesca non è che una fase dello sviluppo logico della nostra rivoluzione; è la lotta dei popoli poveri e numerosi di braccia contro gli affamatori che detengono ferocemente il monopolio di tutte le ricchezze e di tutto l'oro della terra; è la lotta dei popoli fecondi e giovani contro i popoli isteriliti e volgenti al tramonto, è la lotta tra due secoli e due idee.


Ora che i dadi sono gettati e la nostra volontà ha bruciato alle nostre spalle i vascelli, io dichiaro solennemente che l'Italia non intende trascinare altri popoli nel conflitto con essa confinanti per mare o per terra. Svizzera, Jugoslavia, Grecia, Turchia, Egitto prendano atto di queste mie parole e dipende da loro, soltanto da loro, se esse saranno o no rigorosamente confermate.
Italiani!


In una memorabile adunata, quella di Berlino, io dissi che, secondo le leggi della morale fascista, quando si ha un amico si marcia con lui sino in fondo. Questo abbiamo fatto e faremo con la Germania, col suo popolo, con le sue meravigliose Forze armate.
In questa vigilia di un evento di una portata secolare, rivolgiamo il nostro pensiero alla Maestà del re imperatore, che, come sempre, ha interpretato l'anima della patria. E salutiamo alla voce il Fuhrer, il capo della grande Germania alleata.


L'Italia, proletaria e fascista, è per la terza volta in piedi, forte, fiera e compatta come non mai. La parola d'ordine è una sola, categorica e impegnativa per tutti. Essa già trasvola ed accende i cuori dalle Alpi all'Oceano Indiano: vincere!
E vinceremo, per dare finalmente un lungo periodo di pace con la giustizia all'Italia, all'Europa, al mondo.


Popolo italiano!
Corri alle armi, e dimostra la tua tenacia, il tuo coraggio, il tuo valore!



EROi !

Il leone della Folgore Giuseppe Ortu


"Il mio amico non è tornato dal campo di battaglia, signore.
Le chiedo permesso per andare a cercarlo" disse un soldato al suo tenente.
"Permesso negato!!", replicò l'ufficiale, "non voglio che lei rischi la sua vita
per un uomo che probabilmente è già morto".
Il soldato, senza prestare attenzione al divieto, se ne andò e
un'ora dopo ritornò ferito mortalmente, trasportando il cadavere dell'amico.
L'ufficiale era furioso: "Le avevo detto che ormai era morto! Mi dica se valeva
la pena andare fin là per recuperare un cadavere!?!"
Il soldato, moribondo, rispose:
"Certo, Signore! Quando l' ho trovato era ancora vivo e ha potuto dirmi:
Ero sicuro che saresti venuto!"

Cit. Gen. Francesco Chiti


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