lunedì 24 febbraio 2014

Il canto del paracadutista

 Il canto del paracadutista

Lo scudetto della brigata Folgore
Cuori d'acciaio all'erta

il cielo è una pedana,

tra poco nell'offerta

noi piombeemo giù,

pugnali e bombe a mano,

viatico di morte,
e l'ansia della sorte
non sentiremo più !
Aggancia la fune di vincolo,

spalanca nel vento la botola,

assumi la forma di un angelo

e via pel tuo nuovo destin !

Come folgore dal cielo !

canta il motto della gloria.

Come nembo di tempesta !

precediamo la vittoria.

Un urlo di sirena fuori...fuori !

E giù nell'infinito

sul nemico pù agguerrito

per distruggere o morir.

Per distruggere o morir.

L'occhio nemico scruta:

son nuvole che vanno,

ma poi che il vento muta

li vedi già son qui.

E gli angeli di guerra,

pugnale in mezzo ai denti,

in uno contro venti

si battono così !

Sganciato ogni corpo dai vincoli,

racchiusi in un qadrato fermissimo,

il piombo nemio si sgretola:

nessuno di noi cederà !

Come folgore dal cielo !

...

Passa pei cieli un canto,

è un canto di vittoria,

i figli della gloria

in alto vanno ancor.

E pronti alla battaglia,

col cuore sempre all'erta,
ripeteran l'offerta

con rinnovato ardor !

Aggancia la fune di vincolo,

spalanca nel vento la botola,

assumi la forma di un angelo

e via pel tuo nuovo destin !

domenica 9 febbraio 2014

IL PARACADUTISMO E' POESIA.....



Il leone della Folgore Giuseppe Ortu



IL PARACADUTISMO E' POESIA.....
“…E noi andiamo più in alto delle aquile. E più rapidi del falco scendiamo. E più leggeri che piume danziamo nell’aria. E più alti sulla terra ci avviciniamo a Dio e sentiamo il respiro dell’Eterno alitarci sul volto teso.
...
…Il paracadutismo è poesia… E quando la seta schiocca e fiorisce e fa vela nel vento, quando il respiro riprende e le corde si tendono, quando, non più atomo di infinito, ma uomo che danza nell’aria, la nostra discesa ci frena, per renderci interi alla terra, il nostro canto è già spento, la nostra offerta consumata.

Perché la nostra è la poesia dell’attimo al limite con l’infinito, è la poesia della vita al limite con la morte; è la poesia del mortale che attinge e accarezza l’Eterno.”

Nino Arena






giovedì 6 febbraio 2014

DALL'UNIONE SARDA del 7 gennaio 201


DALL'UNIONE SARDA del 7 gennaio 2014







GUASILA L'ex paracadutista Giuseppe Ortu è stato premiato con una targa ricordo dall'Associazione paracadutisti d'Italia in segno di omaggio e riconoscenza all'unico reduce della battaglia di El Alamein rimasto in Trexenta. Alla cerimonia di consegna erano presenti le autorità civili e militari di Guasila. L'ex parà, classe 1919, ha ricevuto la targa ricordo dalle mani del commissario straordinario Pietro Vincis alla prima cerimonia ufficiale dal suo insediamento. Giuseppe Ortu è a suo modo una celebrità nel paese al confine tra Trexenta e Medio Campidano. Gli studenti gli chiedono spesso aiuto per preparare tesi universitarie sulla Seconda guerra mondiale. «Avevo 22 anni quando combattevo con il quinto battaglione della Folgore, ricordo tutto come fosse ieri», ha detto Ortu.

UNIONE SARDA del 26 Novembre 2013
I ricordi del paracadutista che ha combattuto a El Alamein
«Io, reduce di guerra»
Ortu: gli studenti mi chiedono aiuto per le loro tesine







GUASILA Giuseppe Ortu, classe 1919, memoria di ferro e tante storie da raccontare, è l'unico reduce della battaglia di El Alamain rimasto in Trexenta.
Seconda guerra mondiale, il deserto africano teatro degli scontri tra le truppe italo-tedesche e l'armata britannica. «Mangiavamo pietre e lenticchie», racconta l'ex paracadutista Ortu. I ragazzi di Guasila spesso vanno a trovarlo a casa e lo ascoltano incuriositi. «Gli studenti mi chiedono aiuto per preparare tesine per la scuola, a me fa piacere parlare con loro. Quando ero ragazzo credevo che la guerra fosse non solo giusta, ma anche doverosa. I giovani non devono fare questo tragico errore, devono ragionare con la loro testa e non ascoltare i mentitori di professione», dice Ortu. Ce l'ha con la classe politica di questo e del secolo scorso? «Ce l'ho con chiunque provochi disastri e sofferenza, adesso come settant'anni fa. Avevo 22 anni quando sono andato a combattere insieme ai miei compagni della Folgore, quinto battaglione. I nostri nemici erano tali perché così c'era stato detto».
Tra i tanti ricordi di paura e disperazione c'è anche spazio per un aneddoto a suo modo divertente. «Nel deserto non sapevamo a quale distanza si trovavano i nostri nemici, ovviamente era così anche per loro. Gli inglesi mandavano i cammelli in avanscoperta, noi li catturavamo per cucinarli. Gli inglesi temevano ci fossero mine nel terreno. Noi intanto mangiavamo carne, sempre meglio di pietre e lenticchie», racconta, con un sorriso, Giuseppe Ortu.
Severino Sirigu